PERCHE' DIFENDERE GLI ANIMALI?
La risposta potrebbe essere lunga, ma con un inderogabile brevissimo presupposto: l’immutabile convinzione dell’esistenza del dolore negli animali e la necessità morale, pertanto, che abbiamo di difenderli.
Gli studiosi moderni, nelle osservazioni sul comportamento degli animali di fronte alle varie contingenze, ritengono che le manifestazioni che ne scaturiscono sono possibili solo attraverso canali di sensività specifica le cui componenti anatomiche e le cui funzioni fisiologiche sono pari a quelle umane. Oggi non è più possibile, dunque, concepire l’animale-macchina secondo le superate e retrive teorie di Democrito e Cartesio: una struttura di ossa, muscoli e tendini in occasionale interfunzione. È questo un concetto ormai in contrasto con ogni più modesta osservazione.
Queste, però, sono idee che ancora oggi permangono in quanti credono di giustificare, con siffatte convinzioni, la brutalità ed il sadismo presenti nei loro animi e presumono di negare, con il loro crudele comportamento, non solo i diritti degli animali ma anche ogni loro rapporto morale con l’uomo.
I filosofi umanitari dell’età romana, Seneca, Plutarco, Porfirio, auspicavano, fin dalla loro epoca, l’avvento dei grandi princìpi dell’amore universale come ordine della natura e causa della vita stessa. Essi affermavano che, essendo dotati di ragione, gli esseri umani hanno il dovere della giustizia e, pertanto, devono essere giusti verso gli esseri inferiori.
Dopo un silenzio di vari secoli, solo all’epoca del Rinascimento ed a seguito dell’insegnamento di Erasmo, Moro, Shakespeare e poi di Voltaire e Rousseau, con la rivoluzione francese del 1789 e la proclamazione dei diritti dell’uomo, sorse l’esigenza dei diritti degli animali.
L’inglese Jeremy Bentham affermò che il legislatore doveva impedire tutto ciò che poteva condurre alla crudeltà.
Quando Lord Erskine, per la prima volta, alla Camera dei Pari, nel 1811, implorò giustizia verso gli animali, fu deriso. Ma, dieci anni dopo, i cosiddetti «Martin Act» proposti dal deputato Richard Martin, divennero lo Jus animalium attraverso cui si proclamava che gli animali cessavano di essere considerati semplici cose di cui i proprietari potevano disporre secondo il proprio arbitrio, con il diritto di infliggere ad essi sofferenze non meritate.
Per ogni essere sensibile il patire è un male e un male inflitto a chi non lo ha meritato, non provocato, rappresenta una esibizione di forza o di cattiveria o di sadismo ed è segno della crudeltà o dell’ingiustizia di chi lo causa.
L’etica del rispetto della vita di ogni essere ha fatto nascere in tutti i paesi del mondo società per la protezione degli animali. Attualmente i protezionisti continuano a guadagnare terreno. Oggi tutta una serie di notizie dà una misura del cambiamento del rapporto uomo-animale in un paese come l’Italia, tradizionalmente poco propenso a dare spazio a questa tematica.
In tale contesto nasce l’AIDA - Associazione Italiana Difesa Animali, tenacemente voluta dalla Sig.ra Dinah Mary Lloyd Holland Vescovo, Advisor Director World Society for the Protection of Animals. A Lei va il particolare ringraziamento dei componenti il Consiglio di Amministrazione per il costante gravoso impegno profuso e la splendida animazione svolta.
Nel chiudere questa breve nota di presentazione tornano, ammonitrici, alla mente le parole che il filosofo enciclopedista francese George Leroy, verso la fine del XVIII secolo, indirizzò ai suoi colleghi: «Voi sventrate la bestia ed io la studio viva, Voi ne fate un oggetto di orrore e di pietà ed io la rendo oggetto di amore, Voi lavorate in un laboratorio di tortura, squartandola, ed io la osservo sotto un cielo azzurro al canto delle cicale, Voi sottoponete la cellula ed il protoplasma a reattivi ed io studio l’istinto nelle manifestazioni più elevate, Voi scrutate la morte ed io scruto la vita».
Una scelta, quella del naturalista George Leroy, che sottoscriviamo a motivazione della nostra nascita e del nostro impegno.